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commedia, garzanti, il ventaglio di lady windermere, l'importanza di chiamarsi fedele, letteratura inglese, oscar wilde, salomé, teatro, the importance of being earnest, tragedia, wilde, yeats
Parlare di uno dei propri autori preferiti senza essere influenzati – seppur in minima parte- dai propri gusti è impossibile, ma tenterò di darvene un’immagine meno melensa possibile. Lo giuro.
L’edizione della Garzanti comprende tre opere: Il ventaglio di Lady Windermere, L’importanza di essere Fedele e Salomè (due commedie e un dramma, dunque).
Il ventaglio di Lady Windermere fu inscenato per la prima volta nel 1892 al Saint James Theatre (Londra) e racconta di una giovane donna (Lady Windermere, per l’appunto) che, credendo che il marito abbia un’amante, tentenna davanti alle avances di un altro uomo. Da questa situazione di partenza nasce una serie di fraintendimenti che tiene viva la commedia e la accompagna fino allo scioglimento finale. Le battute sono veloci, geniali e le sentenze hanno quel tono cinico/gnomico tanto caro a Wilde (e che tanto piace ai noi lettori, diciamoci la verità). Una lettura veloce, dunque, ma appagante e mai banale.
La seconda opera tradotta poco felicemente come “L’importanza di essere Fedele” (il titolo originale inglese è “The Importance of Being Earnest” ) è di poco posteriore, essendo datata al 1895. Il misunderstanding sta nella resa (difficile in realtà, ma non impossibile) in italiano del gioco di parole. L’inglese “Earnest” (che significa serio, onesto) suona praticamente allo stesso modo del nome “Ernest” (Ernesto). Fatta questa dovuta premessa, sul resto c’è poco da dire visto che è considerata una delle commedie più brillanti della storia teatrale. L’intera trama si gioca sul tema del doppio, sulla dualità che percorre l’intero testo: due sono le coppie di personaggi, due gli uomini a confronto, due gli alter-ego immaginari dei personaggi.
Il ritmo è intenso per cui la commedia si legge tutt’ad un fiato e la vena del nonsense la rende piacevole – a mio avviso- anche a coloro i quali non sono solitamente estimatori della letteratura del XIX sec.
Con Salomé si cambia totalmente genere. Come avevo anticipato in apertura si tratta, infatti , di una tragedia. Le vicende sono ispirate al personaggio di Salomè, figlia di Erodiate, che viene nominato anche nei Vangeli di Marco e di Matteo. Laddove le commedie erano brillanti e immediate, “Salomè” scorre invece più lentamente. I dialoghi si allungano, il tono si eleva e si esaspera. Le atmosfere son simili a quelle delle antiche tragedie greche, per cui ritengo che, tra le opere di Wilde, risulti un poco più difficile da “digerire” per un pubblico non avvezzo al genere.
Per concludere con un’immagine perentoria di quello che rappresenta questa triade di opere, vi lascio con una citazione di Yeats che le riassume perfettamente (e che, a esser onesti/ernesti, inquadra l’opera omnia di Wilde): “Non avevo mai sentito prima un uomo parlare con frasi perfette, come se le avesse tutte scritte faticosamente durante la notte, e tuttavia tutte spontanee”.
July ha detto:
Oh finalmente, aspettavo questa recensione!
Come hai scritto all’inizio, essendo uno dei tuoi autori preferiti, sei rimasta abbastanza sul vago e hai cercato di rimanere così “imparziale”, allora ti chiedo una cortesia personale: esprimiti!
Per quanto mi riguarda, tra le tre opere ho preferito assolutamente la seconda: “L’importanza di essere Fedele”, la reputo sensazionale e geniale.
chiaramm88 ha detto:
Mi pareva che dagli aggettivi usati trasparisse il giudizio personale.
Ad ogni modo, se dovessi esprimere una preferenza, mi esprimerei a favore de “Il ventaglio di Lady Windermere”: ma forse questa mia opinione è dovuta al fatto che, avendo già letto in passato “L’importanza di essere Fedele”, quest’opera non avesse per me “il fascino della novità” (tanto per rubare a Wilde ancora qualche parola). O forse può darsi anche che questa traduzione della commedia (che non mi è piaciuta granchè), l’abbia fatta passare in secondo piano.
Su Salomè tenderei a non sbilanciarmi: è, certo, pregevole. Ma avendo familiarità con le tragedie greche, ritengo che i livelli dei tragediografi greci risultino tuttora irraggiungibili. Se non conoscessi Eschilo, Sofocle e -soprattutto- Euripide può darsi che Wilde mi avrebbe incantato. Ma -ahimè- li conosco quasi meglio delle mie tasche (e Medea fa un baffo a Salomè).
orianedeguermantes ha detto:
Vedi, sulla Salomè non ci troveremo mai d’accordo. Anche io ho molta familiarità con i tragediografi greci, ma la Salomè non solo mi ha incantata, ma è l’opera di Wilde che più amo, e credo di parlare con cognizione di causa, avendole lette tutte.
Escludendo lo stile preziosissimo e a tratti “esasperato”, come giustamente hai detto tu, la grandezza del lavoro di Wilde sta nell’aver preso una storia famosa (trita e ritrita per la fine dell’Ottocento) e averla in qualche modo riscritta da cima a fondo in modo così sensuale e misterioso che è parte fondamentale della “persona-Wilde”, ancora più del wit e dello humor preponderante in qualsiasi altro suo scritto, che identificano invece il “personaggio-Wilde”. La Salomè e le sue atmosfere carnali e disperate non sono altro che la più palese preparazione alla “Ballata del Carcere di Reading”, il suo pianto più sincero.
orianedeguermantes ha detto:
e parlando de “Il ventaglio di lady Windermere”, quanto è meraviglioso Cecil Graham?
Fabio Durastante ha detto:
Bella recensione! Speriamo che attiri qualcuno nella lettura =) Io, personalmente, sono un fan della traduzione “L’Importanza di essere Franco”, ma qui è questione che bisogna leggerlo direttamente in inglese.
chiaramm88 ha detto:
Si, direi che probabilmente quella è la resa più accettabile.
“Fedele” trascina un po’ fuori dal sentiero